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Salgo sul treno, un posto è occupato dalla borsa e dal porta pranzo della signora seduta accanto. Le chiedo gentilmente se mi fa sedere, lei toglie la roba dal sedile e se la mette sulle ginocchia. Il porta pranzo le sviene lungo il fianco, mentre la borsa si affloscia al lato del ginocchio; una barretta di Gaviscon sta per scivolare fuori ma la donna la recupera in tempo. Rianima l’oggetto sollevandolo e riposizionandolo sulle gambe. Ora è dritto, anche se i manici ce l’ha praticamente in bocca.
“… Vuole che gliele metto sopra?” le chiedo, credendo di farle un piacere.
Lei mi guarda con sospetto e mi dice: “Cosa?”
“Le borse”
“Perché?”
“Così sta più comoda”
“La borsa?”
“Non la borsa, lei”
Lo sguardo sospettoso aumenta di intensità, la signora tira a sé le due borse e mi fissa.
“Su dove?”
Intanto nella sala comandi della mia testa il neurone, alla “console delle parole”, si mette le mani tra i capelli(si, ho i neuroni con i capelli).
“Che è successo?” Chiede il neurone capo che vede il giovane pietrificato.
“Questa non ha capito… oppure chissà che ha capito! M’ha chiesto prima ‘perché’ e poi ‘su dove?’!”
“Dobbiamo andare in protezione!” risponde immediatamente il comandante, correndo verso il computer centrale dove sferra un cazzottone sul grande pulsante rosso, situato sotto la scritta “Premere in caso di emergenza”. Poi si gira all’operatore e gli comanda secco: “Allora: F2, F8 e un leggero F5!”
“Premo anche F1?”
“No, so che hai l’F1 facile, ma stavolta non serve”.
Il subordinato preme F2, F8 e F5. Invio.
Io rimango un attimo con lo sguardo basito(F2) perché non so come chiudere la conversazione. Alla fine sospiro(F8) e rispondo un definitivo “Vabbè, come non detto” (F5).
… il giovane neurone guarda a destra e a sinistra poi, senza farsi notare, dà un colpo di tosse mentre preme delicatamente “F1”.
Così mentre mi siedo, a denti stretti eseguo il comando e le dedico un bel “Ma vaffanculo va”.