PIU’ NONNE PER TUTTI

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Metro affollata di pendolari appena usciti dai rispettivi posti di lavoro. Io sono seduto. Alla fermata “Eur Palasport” entra una signora anziana, altezza media e panciuta, con marito, bell’uomo alto e alla sua maniera elegante, e la figlia, una donna più o meno mia coetanea vestita in versione “priorità alla comodità”. 
Si tengono tutti e tre per mano. Il tipo alla mia destra si alza per cedere il proprio posto alla donna più vecchia. Gli altri due si distribuiscono con il marito alla mia sinistra e la figlia davanti.
Dopo qualche minuto l’uomo seduto accanto alla vecchietta si sporge leggermente in avanti, ma non fa in tempo a poggiare i gomiti sulle proprie ginocchia ed accendere il telefonino che la signora, vedendolo con la coda dell’occhio fare il movimento, allunga il braccio verso di lui dando una manata al cellulare.

Io ho capito la signora che voleva fare. 
Lui non ha capito la signora cosa voleva fare.
La signora ha capito di aver fatto una gaffe.

Praticamente la nonna pensava che quell’uomo stesse cadendo in avanti.
Quando il misunderstanding è stato chiarito la signora scoppia a ridere, le parole si azzuffano con la risata e fuori esce solo il suono divertentissimo di un farfugliamento quasi svociato. La figlia si mette una mano davanti la faccia come per nascondersi dalla vergogna mentre l’anziano signore non s’è accorto di niente.
Io non riesco ad evitare di ridere sotto i baffi, anche perché la nonna l’ho già inquadrata.

Passa qualche minuto.
A causa delle varie accelerazioni e frenate della metropolitana l’anziana signora pattina continuamente con il culo sul sedile, slittando a destra e a sinistra. Lei sembra quasi divertirsi.
“Ma com’è che solo io scivolo su ‘sto sedile?”, domanda ad alta voce per poi scoppiare in una risata svociata e raschiante.
Sarà che questa signora mi ricorda mia nonna e allora approfitto della sua evidente predisposizione alla chiacchierata per girarmi e risponderle che, in realtà, è una cosa che anche io mi sono sempre chiesto.
“Lo sa…pensavo fossi l’unico a scivolare sul sedile!”, le confesso.
“E allora semo in due, se vede che noi semo magri e l’artri ciccioni! “, mi risponde scemando l’ultima parte della frase nella stessa risata strozzata misto parole di prima.
” A ma’ non te fa riconosce come al solito eh! Che già ne hai fatta una!”, la riprende però la figlia.
Una parte di quel rimprovero lo accuso pure io, però la figlia a me sorride e si giustifica: “la devo tenere buona altrimenti questa non si regola, nemmeno quando sta in mezzo alla gente”.
Io le confesso di trovare l’anziana donna troppo simpatica.

“È un casino anda’ in giro co’ sti due, lui”, indicando l’anziano signore, “è rincoglionito. E lei”, indicando l’anziana accanto a me, ” non sta bona ‘n attimo e s’aregge in piedi pe’ misericordia”. 
L’uomo però non è d’accordo e risentito le risponde “ao’ ‘io non so’ rincoglionito! “. 
Ma la figlia lo ripete: “ Si papà te sei rincoglionito”.
E la moglie conferma: “E’ vero, sei rincoglionito”.
Al pover uomo non rimane altro che cambiare opinione su sé stesso: “Vabbè…so’ rincoglionito…”.

L’anziana allora mi dice di esser costretta a stare seduta perché, in piedi, tende a perdere l’equilibrio. E mi racconta che qualche tempo addietro, mentre stava entrando in giardino del figlio, non vedendo uno scalino è inciampata, cadendo letteralmente di faccia contro il pavimento. 
La figlia conferma. 
In effetti qualche graffio le è rimasto su una delle due guance.
“E quest’artro, invece, ogni tanto entra nel giardino del vicino”, rincara la dose la giovane.
L’uomo stavolta incassa e non dice niente.

Prima di arrivare a Termini mi dicono che devono scendere per andare a prendere poi l’altra linea.
I tre aspettano che il treno sia completamente fermo, poi la nonna si alza, mi alzo pure io.
La figlia prende per mano il padre, il padre la moglie e la moglie… me.
“Vie’ areggete bello de casa, che sennò non esci più da ‘sta metro”, mi fa. 
E’ chiaro che la mano non me l’ha data per un senso materno di protezione piuttosto è una scusa per sentirsi lei più protetta. Ma a me sta bene e le reggo il gioco.
“Signora non è che me lascia dentro sul più bello?”, scherzo.
“Maddeché”, mi risponde, ” …io è facile che me dimentico e me te porto pure fino all’altra metro!”.

Vabbè, ma io sta signora la voglio tutti i giorni in metro con me. Risate e tenerezza sarebbero assicurate

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