Ho sempre avuto il dubbio, ma stamattina ne ho avuto la conferma. Tra la folla di persone in attesa dell’autobus, noto una signora accanto a me sui 50 anni: bassina, carnagione scura, viso schiacciato, ha l’aria mansueta e nulla mi toglie dalla mente che sia di origine vietnamita.
L’autobus arriva. La folla si dirige verso la porta di entrata e si divide in due schieramenti opposti. Gli sguardi di sfida si incrociano e gridano “’ndo vai, tanto salgo prima io”, “a ‘nfame oggi te ridò la gomitata che m’hai dato ieri”.
Il primo passeggero che scende sembra Mosè, ma, man mano che scendono gli altri, lo spazio tra i due gruppi diventa sempre meno ampio. I pendolari a terra si agitano, fremono, cominciano a volare gomitate e calci agli stinchi, come succede nell’area di difesa durante un calcio d’angolo. Ormai gli ultimi che scendono devono fare un vero e proprio “uno contro tutti”, solitamente accompagnato da epiteti e bestemmie vari.
L’occhio mi ricade sulla vietnamita che, con aria angelica, ma decisa, agevolata anche dalla sua statura, vedo infilarsi dal basso tra le persone che, intanto, in alto, si spingono l’uno contro l’altra.
Si fa mezzo passo in avanti e uno indietro. Lo scalino d’entrata, e chi non c’è passato non può capire, è un ostacolo enorme, se non hai un appiglio dove reggerti, per riuscire a salire. Cerco la piccola donna di cui, oramai, intravedo solo un pezzo del verde (sarà un caso?) della sua giacca.
Saliamo bene o male tutti. Gli ultimi insulti vanno a scemare, la porta ci comprime e la partenza a scatto ci dà una bella botta di assestamento, distribuendoci, uniformemente, nel poco spazio rimasto.
Tra due capocce, non troppo lontana, vedo lei. Non so come abbia fatto, ma la piccola vietnamita è seduta ed è già al cellulare. La guardo e come incrocia il mio sguardo, le faccio capire che l’ho sgamata: «So chi sei, fottuta vietcong. La prossima volta mi metterò carponi e con il biglietto tra i denti faremo insieme il passo del leopardo!».
Vignetta di:Alessandro Gallai
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