Naturalmente, quando passa l’autobus, la fermata è stracolma di gente. Salgo pe’ culo e arrivo al massimo ad un passo oltre le porte, per tenermi afferro, temporaneamente, la scatoletta fissata in alto con la telecamera, ma, a causa della compressione delle persone, non riesco a mettere giù il braccio.
L’autobus parte e la solita botta “delicata” della partenza, che secondo me è brevettata come il rombo della harley davidson, mi fa perdere la presa, così rimango come un idiota col braccio alzato, tipo guide turistiche o come uno che cerca di farsi vedere da un amico lontano.
Il dubbio ora è se rimanere con il pugno chiuso da compagno o aperta da saluto fascista? Scelgo la via di mezzo. Mano moscia.
Dopo un paio di fermate, riesco a rinfoderarlo, evitando che il formicolio dalla mano scendesse fino al braccio e a fare un piccolo passo in uno spazio minuscolo, tanto che, chiedendo scusa ad una signora anziana, le dico: «Mi scusi, faccio un passo avanti che c’è un piccolo spazio», ma di risposta incasso un bel: «Ma quale spazio, lei è un visionario!»
…ma come “visionario”?…
Questa signora sta parlando con una ragazza davanti a lei, raccontandole che ha 81 anni, era insegnante di storia dell’arte e che ancora lavora (vabbè che l’età pensionabile si alza sempre di più, ma qui stiamo esagerando). Poi chiede alla giovane quanti anni ha e che lavoro fa (31, lavora da un commercialista). Finito con lei, l’anziana rivolge la stessa domanda ad un ragazzetto lì davanti. Lui: 18 anni, non lavora.
I due scendono, lei si siede e si trova davanti una ragazza: «Che lavoro fai bella? Quanti anni hai?»
24 anni, ma non ho capito la risposta sul lavoro.
La signora ripete di nuovo che ha 81 anni, insegnante di storia dell’arte. Ancora lavora. E ancora chiede ad un’altra ragazza l’età e il lavoro. Praticamente, ci sta censendo uno ad uno. Quando ha finito di interrogare tutti quelli a lei vicini, comincia a canticchiare, poi ci “rassicura”, dicendo: «La gente mi guarda come se fossi matta, ma io non sono matta, sono solo una grande chiacchierona».
Io cerco di sfuggire al suo sguardo, perché se attacca con me, le rispondo male. Primo, perché alle spalle ho già più di due ore di viaggio. Secondo, il suo “visionario” ancora non lo digerisco e terzo, la mattina di default sono meno socievole di Ebenezer Scrooge.
Finalmente, arrivo alla mia fermata. Un ragazzone si fa da parte per farmi passare, ci scambiamo i posti e io penso tra me “Vai vai, che ora la prof ti interroga e manco ti puoi giustificare”. E infatti, mentre scendo, la sento di nuovo: «Ciao bello, quanti anni hai? Vai a lavoro? Io ho 81 anni e sono insegnante di storia de…»…