Treno in partenza da Termini in ritardo di mezz’ora. Più tempo passa, più gente sale. L’interfono avvisa che noi siamo pronti a partire, in teoria, ma il gestore delle infrastrutture ci deve dare l’autorizzazione a farlo. E non si sa quando lo farà. Il ritardo preciso “non è quantificabile”.
Annamo bene…
Dopo 20 minuti un tizio sbrocca, se la prende con i poliziotti, “qualcuno starà pure seduto qui senza dí e fá un cazzo”, poi parte l’escalation perché ci infila dentro pure la guardia di finanza, il ministero degli interni, la protezione civile, il parlamento e, per non farci mancare niente, pure il CSM! Tié!
Ma tutto questo merita un racconto a parte.
Durante l’attesa, come dicevo, nuovi pendolari salgono sul treno in cerca di un posto. Una donna, bella, alta, snella, un vestito lungo e leggero dove la luce del sole disegna trasparenze, curve di seni, parabole di fianchi e autostrade di gambe chiede ad un uomo se si può sedere nel posto libero accanto a lui.
L’uomo, per far passare la donna, scatta e in tempo zero si strappa le cuffiette, prende maldestramente il tablet, chiude il tavolino e si alza in piedi come se si fosse iniettato una botta di adrenalina.
Secondo me manco ha sentito cosa gli era stato chiesto, ma vedendo la sirena lì ferma a guardarlo, l’unico neurone non svenuto avrà capito che aveva chiesto di sedersi.
Come lei si siede il tipo esita nel mettersi di nuovo le cuffiette nelle orecchie e ogni tanto se la spizza, girando le pupille tanto al bordo laterale che chi lo guarda dal lato opposto vede solo due occhi praticamente bianchi. E fa un certo effetto devo dire.
Cupido non fa in tempo a scoccare la seconda freccia che la storia d’amore, unilaterale e mai iniziata, finisce dopo qualche minuto, perché torna la signora che occupava il sedile della donna. Una signora sulla settantina, bassina, curva e con uno sguardo arcigno.
“Signori’ me dispiace ma c’ero io seduta lì”, esordisce la signora indicando il sedile.
La bella donna molto cordialmente si giustifica: “mi scusi, era libero e mi sono seduta”.
“Eh, mi dispiace ma visto il ritardo sono uscita a fumarmi una sigaretta. Pensavo che questo signore mi avesse sentita quando gliel’ho detto”.
L’uomo segue con interesse e preoccupazione il dialogo tra le due, accenna un “non l’ho sentita” con un tono tale che sembra lo abbia detto come se, con questa flebile ed inutile frase, potesse far cambiare idea all’anziana donna a lasciare il posto a quella più giovane.
La bella donna invece se ne va, tornando a lanciare a destra e a sinistra del corridoio occhiate per scovare un posto lasciato libero da qualche distratto. Lo sguardo sconsolato di lui la guarda fissa mentre se ne va(presumibilmente, dovendo scegliere un punto da fissare, le avrà fissato le chiappe, non è romantico ma più verosimile), fino a sparire dalle porte che portano all’altro vagone.
Lui sospira. Riposiziona il tavolino ed il tablet ma, prima di essersi infilato le cuffiette nelle orecchie, la donna accanto capisce la situation.
“Me dispiace fijo, ma t’è ita male. Io so vecchia e non ce la faccio a rimané tutto il tempo in piedi”.
Lui annuisce, stira un sorriso forzato e si attappa le orecchie con gli auricolari.
Spero per lui che non stia guardando un film strappa lacrime, altrimenti mi aspetto lacrimoni a cascate!