PROVE DI ABBORDAGGIO

Ah che bellezza essere testimoni di un abbordaggio in piena regola sull’autobus, da parte di un giovane romano verso una giovane folignana…folignese… Folignate… Insomma una giovane abitante di Foligno.

Immerso nella mia lettura non stavo seguendo né la scena tantomeno i discorsi dei due, che per me facevano solo parte del rumore e del disegno di fondo del momento. La mia attenzione è stata però catturata nell’attimo in cui è arrivata, in maniera subdola alle mie orecchie, la frase “Te porto a fa un giro pe’ Roma”.
E allora appizzo le orecchie.
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CHIACCHIERATA TRA UOMINI

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Ho appuntamento alle 18.00 dal dentista per l’ablazione del tartaro, in previsione di non poterlo fare dopo, fumo una sigaretta, prendo un gelato, un caffè e un’altra sigaretta.

Il caffè lo bevo nel bar proprio sotto lo studio, c’è una pila di copie di un giornale locale di Anzio sopra una sedia. Ne prendo una copia, mi siedo, butto giù il caffè e mi accendo la sigaretta.

Arrivano due coppie ed entrano nel bar.

Passa qualche minuto e i due maschi escono, chiedono se possono sedersi al mio tavolino, meravigliato li faccio accomodare, uno di loro prende anche lui il giornale commentando: «Tanto è tutto sul governo. È tutto un magna, magna» e ride.

Sorrido anche io e gli chiedo se sono interessati alla politica.

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BELLEZZA E NEURONI

ASCOLTA L’AUDIO RACCONTO – letto da “In forma di Rosa

Colazione in un bar dell’Eur, mentre sto davanti al bancone in attesa del caffè arriva un uomo. Brutto. Molto brutto. Come si dice a Roma “Aiutame a dì brutto”.

Mal vestito, piccolino, magrolino, abbronzatura da vampiro, pochi capelli e quei pochi presenti un pò lunghi e all’insù. Sembra si sia pettinato mettendo la testa in una busta e poi ci abbia fatto esplodere una bomba dentro.

Dall’altra parte del bancone c’è la barista. Una donna di circa 40 anni, in tuta, senza trucco se non contiamo un rossetto sulle labbra dimenticato e sbiadito, proprio come la di lei  bellezza, capelli lunghi legati a coda e un fiore, anch’esso oramai opaco, tatuato sulla parte destra del collo.

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GIALLO SUL 767

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Stacco dall’ufficio e mi reco in fermata in attesa del 767. Un uomo sulla 60ina, mentre parla al telefono, mi chiede informazioni sull’autobus. Ha una faccia buffa e un sorriso simpatico mentre mi ringrazia, di quelli piacevoli da ricevere. Una volta sul mezzo pubblico io mi siedo nei posti adiacenti all’autista. Lui, in piedi, si mette contro il vetro, nello spazio accanto l’obliteratrice.

DING!

Il solito campanello chiede di fermarsi alla fermata successiva. Una volta arrivati l’autista si ferma e apre le porte.

L’uomo alla guida aspetta qualche secondo poi, vedendo che nessuno scende, borbotta qualcosa e riparte. Dopo qualche secondo qualcuno prenota di nuovo la fermata.

DING!

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UN F1 NON SI NEGA A NESSUNO

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Salgo sul treno, un posto è occupato dalla borsa e dal porta pranzo della signora seduta accanto. Le chiedo gentilmente se mi fa sedere, lei toglie la roba dal sedile e se la mette sulle ginocchia. Il porta pranzo le sviene lungo il fianco, mentre la borsa si affloscia al lato del ginocchio; una barretta di Gaviscon sta per scivolare fuori ma la donna la recupera in tempo. Rianima l’oggetto sollevandolo e riposizionandolo sulle gambe. Ora è dritto, anche se i manici ce l’ha praticamente in bocca.

“… Vuole che gliele metto sopra?” le chiedo, credendo di farle un piacere.
Lei mi guarda con sospetto e mi dice: “Cosa?”
“Le borse”
“Perché?”
“Così sta più comoda”
“La borsa?”
“Non la borsa, lei”
Lo sguardo sospettoso aumenta di intensità, la signora tira a sé le due borse e mi fissa.
“Su dove?”

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IL TATUATO

Lui è un ragazzone alto, muscoloso, la maglietta attillata rende giustizia alle ore passate in palestra, così come ai suoi tatuaggi che hanno una superficie ampia dove giacere. Linee di inchiostro che girano in lungo e in largo intorno al bicipite, per poi scendere verso il braccio, parallele a dei tubi sottopelle che in realtà sono vene, anche loro testimoni di bilancieri e pesi vari tirati su con estrema forza. E ancora, visi e scritte varie su collo e petto.

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DI BAR SOPRA LA STAZIONE E SOTTO IL MARE

Quel treno in realtà per gli altri nemmeno esiste, ma sono solo a io sentire quell’annuncio. E allora immagino un treno con un unico vagone passeggeri, completamente vuoto e con solo un sedile, parcheggiato in un binario lontano e secondario.
Il macchinista è un bambino che tiene un pallone sotto un braccio e un flauto nell’altra mano, lo userà per avvisare che il treno è in partenza. Ma io non vado e il treno non parte. E il bambino ogni mattina rimane lì, fermo, senza suonare il suo strumento.