Strana è quella via delle puttane, lì dove vengono offerte prestazioni che un classico frequentatore di tali donne troverebbe indecenti, inammissibili e fuori dal mondo. La prima che si incontra è Luana la puttana, una brutta, grassa e sporca donna che offre per pochi euro 20 minuti in cui ti fa accomodare nella tua macchina, sceglie un sottofondo musicale e ti legge un libro mentre ti accarezza dolcemente.
Luana la puttana però non è meno strana di quella che puoi incontrare dopo 50 metri: Alice. L’una non sa della presenza dell’altra, nascoste le une dall’altra da una curva e divise da percorsi diversi per arrivare sul luogo di lavoro.
Per 100 euro e 10 minuti di tempo, Alice ti scopa il cuore. Senza nemmeno toccarti, tantomeno parlarti. Continue reading
Luana la puttana
Il bambino
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Ci sono giornate estive in cui non c’è riparo dal caldo e rimanere volontariamente sotto al sole può essere un gesto per auto infliggersi una colpa. Il sudore sotto il collo e tra le pieghe della ciccia colava lungo il grande petto per poi sbattere contro l’orlo della maglia che lo assorbiva e lo faceva camminare lentamente tra le trame del tessuto. La peluria dei baffetti sotto il naso rivelava piccole goccioline di acqua, le ascelle erano caverne marine con stalattiti e stalagmiti di peli; quando alzava le braccia per sistemarsi i capelli si trasformavano in due mostruose bocche barbute.Continue reading
Luana la puttana
Gus
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Tornando a casa la incontrava tutte le sere, seduta su quella sedia dalle gambe storte. Anche lei le aveva così, le gambe: arcate, che ci sarebbe passato un cane con una scopa in bocca, credeva che quella forma fosse dovuta dal peso da sostenere perché la donna era particolarmente grassa e, cattiveria di un Dna, non aveva nemmeno le formeContinue reading
PROVE DI ABBORDAGGIO
Ah che bellezza essere testimoni di un abbordaggio in piena regola sull’autobus, da parte di un giovane romano verso una giovane folignana…folignese… Folignate… Insomma una giovane abitante di Foligno.
Immerso nella mia lettura non stavo seguendo né la scena tantomeno i discorsi dei due, che per me facevano solo parte del rumore e del disegno di fondo del momento. La mia attenzione è stata però catturata nell’attimo in cui è arrivata, in maniera subdola alle mie orecchie, la frase “Te porto a fa un giro pe’ Roma”.
E allora appizzo le orecchie.
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CHIACCHIERATA TRA UOMINI
ASCOLTA L’AUDIO RACCONTO
Ho appuntamento alle 18.00 dal dentista per l’ablazione del tartaro, in previsione di non poterlo fare dopo, fumo una sigaretta, prendo un gelato, un caffè e un’altra sigaretta.
Il caffè lo bevo nel bar proprio sotto lo studio, c’è una pila di copie di un giornale locale di Anzio sopra una sedia. Ne prendo una copia, mi siedo, butto giù il caffè e mi accendo la sigaretta.
Arrivano due coppie ed entrano nel bar.
Passa qualche minuto e i due maschi escono, chiedono se possono sedersi al mio tavolino, meravigliato li faccio accomodare, uno di loro prende anche lui il giornale commentando: «Tanto è tutto sul governo. È tutto un magna, magna» e ride.
Sorrido anche io e gli chiedo se sono interessati alla politica.
BELLEZZA E NEURONI
ASCOLTA L’AUDIO RACCONTO – letto da “In forma di Rosa“
Colazione in un bar dell’Eur, mentre sto davanti al bancone in attesa del caffè arriva un uomo. Brutto. Molto brutto. Come si dice a Roma “Aiutame a dì brutto”.
Mal vestito, piccolino, magrolino, abbronzatura da vampiro, pochi capelli e quei pochi presenti un pò lunghi e all’insù. Sembra si sia pettinato mettendo la testa in una busta e poi ci abbia fatto esplodere una bomba dentro.
Dall’altra parte del bancone c’è la barista. Una donna di circa 40 anni, in tuta, senza trucco se non contiamo un rossetto sulle labbra dimenticato e sbiadito, proprio come la di lei bellezza, capelli lunghi legati a coda e un fiore, anch’esso oramai opaco, tatuato sulla parte destra del collo.
GIALLO SUL 767
ASCOLTA L’AUDIO RACCONTO
Stacco dall’ufficio e mi reco in fermata in attesa del 767. Un uomo sulla 60ina, mentre parla al telefono, mi chiede informazioni sull’autobus. Ha una faccia buffa e un sorriso simpatico mentre mi ringrazia, di quelli piacevoli da ricevere. Una volta sul mezzo pubblico io mi siedo nei posti adiacenti all’autista. Lui, in piedi, si mette contro il vetro, nello spazio accanto l’obliteratrice.
DING!
Il solito campanello chiede di fermarsi alla fermata successiva. Una volta arrivati l’autista si ferma e apre le porte.
L’uomo alla guida aspetta qualche secondo poi, vedendo che nessuno scende, borbotta qualcosa e riparte. Dopo qualche secondo qualcuno prenota di nuovo la fermata.
DING!
UN F1 NON SI NEGA A NESSUNO
ASCOLTA L’AUDIO RACCONTO
Salgo sul treno, un posto è occupato dalla borsa e dal porta pranzo della signora seduta accanto. Le chiedo gentilmente se mi fa sedere, lei toglie la roba dal sedile e se la mette sulle ginocchia. Il porta pranzo le sviene lungo il fianco, mentre la borsa si affloscia al lato del ginocchio; una barretta di Gaviscon sta per scivolare fuori ma la donna la recupera in tempo. Rianima l’oggetto sollevandolo e riposizionandolo sulle gambe. Ora è dritto, anche se i manici ce l’ha praticamente in bocca.
“… Vuole che gliele metto sopra?” le chiedo, credendo di farle un piacere.
Lei mi guarda con sospetto e mi dice: “Cosa?”
“Le borse”
“Perché?”
“Così sta più comoda”
“La borsa?”
“Non la borsa, lei”
Lo sguardo sospettoso aumenta di intensità, la signora tira a sé le due borse e mi fissa.
“Su dove?”
IL TATUATO
Lui è un ragazzone alto, muscoloso, la maglietta attillata rende giustizia alle ore passate in palestra, così come ai suoi tatuaggi che hanno una superficie ampia dove giacere. Linee di inchiostro che girano in lungo e in largo intorno al bicipite, per poi scendere verso il braccio, parallele a dei tubi sottopelle che in realtà sono vene, anche loro testimoni di bilancieri e pesi vari tirati su con estrema forza. E ancora, visi e scritte varie su collo e petto.
KIRSTIE
ASCOLTA L’AUDIO RACCONTO – Letto da Lygia
Seduta accanto a me, sui sedili del treno, c’è una giovane ragazza. Il suo viso è nascosto dietro i capelli e le sue mani sono coperte per metà dalle maniche della maglia. Tira fuori dalla borsa un blocchetto di piccoli fogli di carta e una matita a punta fina. Davanti a noi, sono seduti un ragazzo e una ragazza fissati su lati opposti, le facce sembrano imbronciate o forse sono solo seriose. Non so nemmeno se si conoscono, ma l’impressione è quella di due che non hanno né voglia di parlare né di incrociare sguardi.
La giovane al mio fianco comincia il tratteggio Continue reading
L’OMINI SO’ SCORDARELLI
ASCOLTA L’AUDIO RACCONTO
Mattina
sul 764. Ci sono tre simpatiche vecchiette, si somigliano molto tra loro… bassine, panciute, con degli occhiali lucidati a nuovo e una corta ma folta
capigliatura. Il colore dei capelli cambia, una li ha neri, le altre due
rossicci. Tutte e tre parlano romano (una più marcatamente delle altre) e tutte e tre hanno il carrellino della spesa.
IL RITRATTO
ASCOLTA L’AUDIO RACCONTO
Ore 9.00 di un mattino sosia di tanti altri e cappello di un comune giorno feriale. Autobus da Laurentina per via Grezar, salgo incazzato per l’ennesimo ritardo causa traffico tra il letto e il bagno. Sopra il mezzo c’è un ragazzo con evidenti problemi mentali… per colpa di qualche malattia? Bruciato da qualche sostanza? Non lo so. So solo che è grassoccio, porta vestiti e una giacca palesemente troppo larghi, parla lentamente, ad alta voce, quasi mono espressivo e ha lo sguardo spento.
È seduto nei posti a quattro, io gli sto davanti ma nel sedile opposto. Accanto a lui, quindi davanti a me, una signora anziana si siede, lo fa distrattamente sopra a un pezzo della sua giacca. Lui la guarda, tira con forza il lembo di stoffa e le dice arrabbiato: «Ma non lo vedi dove ti sei messa?» La signora tace, mi guarda, si alza e si siede da un’altra parte. Tempo in cui è rimasta seduta: sette secondi.
Rimaniamo io e lui.
Tiro fuori un libro* dalle dimensioni più piccole delle solite, la pagina di copertina è totalmente blu senza scritta alcuna, non finisco di leggere la prima frase che mi chiede se quella signora sia mia madre.
«No, non l’ho mai vista prima», sorrido, abbasso lo sguardo e mi ributto sulla parola di prima.
Ma lui ancora: «È un libro di preghiere, quello?»
Io: «No, no, è un normale libro… è solo un po’ vecchiotto, è del ’33.»
«Ma ’33 Anticristo o dopo Cristo?» (Giuro che ha detto Anticristo.)
«Dopo Cristo… Intendevo 1933.»
«Mmmh…» (Non è convinto.)
Ritorno sulla parola di prima e riesco a leggere anche le quattro, cinque successive.
«Mamma mia e quando lo finisci?» (In realtà è piccolo.).
«Non ci vuole tanto, se la storia è bella si legge velocemente, tu leggi mai?»
«Sì… leggo quelli astratti.»
«Intendi i quadri?»
«Sì, … mi piacciono i ritratti.»
Beh, il caso forse ci stava guardando da un po’… fatto sta che ha voluto che, in quel momento, stessi leggendo la prima pagina di un capitolo che si chiamava, guarda tu, proprio “Il Ritratto”.
Gli chiedo: «Ti piacciono i ritratti?»
«Sì.»
«Lo sai come si chiama questo capitolo?» e giro la pagina verso di lui.
Quando legge “Il Ritratto”, il viso vistosamente si allarga, gli occhi si spalancano, la bocca mostra un sorriso e diventa rosso tra lo stupore e il divertimento.
Lì, l’ho conquistato!
Lui, nella sua ingenua “pazzia”, mi chiede: «Me lo leggi?»
Io, nella mia inibita “normalità”, rispondo: «Leggo qui ad alta voce? Ma sarebbe strano, non trovi? Gli altri, poi, che penserebbero di me?»
«Tu te ne devi fregà di quello che pensano gli altri… Dai, leggi il libro per me.»
Per convincermi, tira fuori un paragone per me geniale (confermato poi fuori dal bus anche da una ragazza che si è gustata tutta la scena dall’inizio alla fine).
«Vabbè, ma allora quelli che in chiesa leggono ad alta voce? Allora uno deve annà lì e dije “Oh che state a fà, non se legge ad alta voce!”»
… Genio!
Mi gioco la mia ultima carta, praticamente un liscio nella briscola: «Ma io sono timido.»
Figuriamoci, ormai s’è impuntato, schiva la mia scusa e rilancia: «E che vor dì, io pure so’ timido e allora come famo? Dai per favore leggi, arrivi fino al punto.»
Ok, mi convince. A questo punto, fanculo la “normalità”, stavolta rilancio io: «Va bene, ma poi leggi anche tu fino al punto successivo, poi rileggo io e così a seguire.»
Lo invito a iniziare per primo, prende il libro in mano e come un bambino di terza elementare comincia: «Il ritt-tratto dopo quel col… coll… lochio andai er-r-r-ando…errando, per cir-rca due ore…»
Arriva il punto e, con occhio di sfida, mi ridà il libro dicendo: «Ora tocca a te!»
Io, non so perché, avevo dato per scontato che avremmo dovuto leggere la stessa parte entrambi, ma quando comincio lui mi interrompe con un: «Eh no, stai a fà il paraculo, questo l’ho già letto io». Spiego che avevo capito male, ma lui niente, ripete: «Stai a fà il paraculo.»
Vabbè, sto facendo il paraculo: «Avrei voluto prendere…»
«Alza la voce che non ti sento!» (pure…)
«Avrei voluto prendere qualche decisione, agire senza rosa…Vai tocca a te!»
E così via, per cinque, sei volte a testa, la mia voce ormai ha un tono alto, io sorrido divertito, lui pure nonostante l’abbia presa sul serio, spesso inciampa nelle parole. Quando arriva a Deschamps, senza colpo ferire, lo trasforma in deciampsis e così via, claudicante tra le parole è deciso e imperterrito.
Durante tutto questo tempo una ragazza, seduta dietro al mio amico, sorridendo, ci segue incuriosita.
L’autobus sta arrivando alla mia fermata, chiamo l’ultimo giro dopodiché infilo il libro nella borsa e mentre vado per salutare, lui mi chiede una cosa semplicissima… il mio numero di telefono.
… Non ce l’ho fatta.
La mia “normalità” mi grida: «Ma che sei matto?» così rispondo che non ho il cellulare e, stupidamente, gli domando perché me lo chiede. Lui, dispiaciutissimo mi dice, guardandomi come se fosse scontato: «Perché così rimaniamo in contatto, sei simpatico.»
«Eh no, purtroppo non ce l’ho, ma se domani mattina riprendi questo autobus ci rivediamo. Comunque prendi un libro e comincia a leggere che sei bravo.»
Lo saluto e lo lascio con una smorfia di dispiacere.
Scendo dall’autobus insieme a una ragazza, lei mi ferma per dirmi che la scena era stata molto bella e divertente dal di fuori; confessa che a un certo punto si aspettava, e lo sperava, che il mio amico “pazzo” girasse il libro anche a lei per leggerlo; lei poi l’avrebbe dato a un altro ancora e così via, fino a ritrovarci tutti a leggere ad alta voce un pezzo di libro.
*Il libro è “LO SPETTRO” DI Arnold Bennet.
Il re che temeva la morte
“Devo ucciderti mio caro amico e servitore”. Il comandante lo seguiva attentamente senza dire parola alcuna e senza fare una piega. “Mi fido solo di te. Quando avrai visto cosa c’è nell’aldilà, tu tornerai e mi riferirai tutto quello che avrai visto, svelandomi così il mistero una volta per tutte”
Il personaggio in cerca di una storia
E allora si arrampicò tra parole ingrate che descrivevano la sua vita. Scalatore che con mani nude e gessate si aggrappa a ogni minimo pertugio o punta che gli offre la montagna, anche le sue dita erano salde sulle righe che lo precedevano e con il piede sulla linea del presente a fare da propulsore per scalare tutto il paragrafo. Creava brecce tra lettere messe in un ordine che non accettava e avanzava spavaldo togliendo aggettivi e verbi che non meritava, in modo da uscire e farsi strada, fuori da quella storia che si rifiutava di vivere.
Sguardi metropolitani
E ancora, ci sono le persone anziane, in genere le donne, quelle che se gli accenni un sorriso è facile che te lo contraccambino, perché loro sanno che due sconosciuti si possono sorridere anche senza volere o aggiungere altro.
I GIGA
La tragedia di una giovane ragazza che scopre di aver terminato il traffico internet del cellulare
IL BAMBINO CHE VOLEVA RIMANERE BAMBINO
ASCOLTA L’AUDIO RACCONTO – Letto da Marco e dal piccolo Riccardo Mi giunge notizia di questo bambino di otto anni che risponde allo strambo nome di Gus, il quale un giorno ha deciso di punto in bianco di non tornare più a casa. In realtà c’è tornato, il punto è …