THE BLACK BOOK

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Erano 4 giorni e 3 notti che lo vedevano seduto sulla stessa panchina al parco, ma già dalla prima notte la gente si avvicinava dietro di lui per farsi i selfie. Più che culi di gallina o segni di vittorie per battaglie mai fatte, la posizione era dell’indice accanto alla tempia per suggerire che era uno svitato.

La domanda più ricorrente dei curiosi era: «Ma che starà leggendo mai?»

Non aveva titolo e la copertina era nera, diciamo il Black Album dei libri. Fu questo il motivo che lo aveva incuriosito e spinto a comprarlo. Poi le pagine, la storia, il modo di scrivere… all’inizio gli piaceva perché sembrava scritto come lo avrebbe scritto lui, ne condivideva i pensieri e le esperienze descritte dall’autore.

Poi realizzò.

Realizzò che quella storia era la sua e anzi quel libro aveva anche più memoria di lui, raccontava, difatti, di fatti e misfatti che aveva completamente dimenticato e appena realizzò lo ricominciò a leggere da capo. Lo incuriosiva la parte in cui erano raccontati i suoi 9 mesi all’interno del grembo della madre e fu in quell’occasione che capì il motivo per cui aveva spesso quelle leggera sensazione di mordere qualcosa di gommoso, ma allo stesso tempo resistente. Lui lo chiamava un mushmellow gigante di gomma, spoglia di un immagine, gli era rimasta solo la sensazione, senza origine, del cordone ombelicale che spesso, allora, mordicchiava.

Era un uomo cocktail. Qualcuno lo aveva aperto e riempito di ingredienti di ogni tipo… curiosità, stupore, terrore. Il tutto con l’aggiunta di un pizzico di sale, uno di pepe e pure di zucchero, shakerato ed ubriacato l’effetto fu peggio di una droga: alienato per 4 giorni e 3 notti senza provare stanchezza e senza nutrirsi.

In base a quello che leggeva il libro reagiva: diventava freddo, quando leggeva di momenti spiacevoli, pesante, durante le pagine della sua ex moglie, caldo e a tratti bollente da non riuscire quasi a tenerlo in mano, quando gli venivano ricordate le sue amanti, cambiava pure colore fino a diventare un cristallo trasparente, ma successe solo in un paio di casi, la morte del padre ed il rischio di perdere la sua attuale moglie. Spesso le reazioni del libro combaciavano con le sue, battiti accelerati del cuore, lacrime, fronte aggrottata, sorrisi.

Ogni tanto guardava lo spessore delle pagine che rimanevano da leggere, gli sembrava cambiasse, ma non ne era sicuro…

A volte, leggermente più fino, altre più spesso, ne ebbe una prova inconfutabile la prima notte, intorno alle 3 del mattino quando sentì qualcuno passare lentamente dietro di lui. Le pagine a mano a mano sparirono fino a rimanerne una manciata tra il pollice e l’indice. Spaventato si stava per voltare, ma come lo fece le pagine aumentarono di nuovo, capì allora che non serviva più girarsi… e capì anche quante variabili influenzano la vita e quanto questa sia appesa ad un filo. Come staccava gli occhi dal libro, le pagine cambiavano di numero, seppure lievemente… se pensava, se si guardava intorno, se era preoccupato, terrorizzato, divertito, allora, per gioco immaginò qualcosa da fare a breve per vedere se sarebbero cambiate.

Pensò di andare via, tornare a casa, mettere le cuffiette a tutto volume con The Great Gig In The Sky, salire sul terrazzo e buttarsi giù ad occhi chiusi… ma il libro non reagì, perché sapeva quello che sapeva lui. Era consapevole delle sue inconsapevolezze a maggior ragione della fottuta paura della morte del protagonista della storia, quindi sapeva che non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

Naturalmente, la curiosità per le pagine successive a quel momento che stava vivendo lo aveva abbracciato appena realizzò che quella era la sua storia, leggerle o non leggerle? Spoilerare la propria vita e andare direttamente all’ultima pagina o evitarla proprio?

Non avrebbe retto nessun finale che non fosse stato «Scoprii cosa c’era dopo la vita e ricordai delle mie paure, ricordai anche…. tutto il resto.».

Ma, statisticamente, un finale del genere era improbabile, quindi accontentandosi scelse di pescare nel mezzo, ma come tentò di farlo il libro cominciò a vibrare freneticamente. Le pagine finali, improvvisamente, aumentarono esageratamente, per poi diventarne una sola e ancora tante di più, il peso anche aumentò, le mani gli bruciarono, ma non sapeva se perché bollente o ghiacciato, faceva fatica a tenerlo in mano sembrava un fisarmonicista impazzito, goffo e impacciato.

Il libro cadde a terra aperto.

Lo guardò senza toccarlo, pensava di averlo fatto arrabbiare e temeva un’altra reazione estrema, quindi si abbassò per leggere dove s’era fermato. C’era scritto: “Lo guardai senza toccarlo, pensavo di averlo fatto arrabbiare e temevo un’altra reazione estrema, quindi mi abbassai per leggere dove s’era fermato”.

Questo lo fece sorridere… “questo mi fece sorridere…” sorrise ancora di più, “sorrisi ancora di piùin quel momento gli ho voluto bene, lo ripresi in mano e con affetto lo poggiai sulle mie gambe accavallate e continuai a leggere”.

Riprese da dove era rimasto, passò un’altra notte, arrivando infine al punto che raccontava quel momento stesso; provò cautamente a girare pagina, temendo di nuovo un’altra reazione esagerata… ma con stupore vide che il libro, quietamente, glielo faceva fare. Ne sfogliò, senza leggere e pur sempre con timore, un altro mucchietto…. e anche lì il libro non reagì. Dovette rileggere il passato per avere il permesso di conoscere il futuro… ma ora che poteva la reazione che temeva non era più quella del libro, ma la sua….. è un bene sapere cosa succederà? Da una parte, leggendo, avrebbe potuto evitare di fare determinati errori, pilotare la propria vita, ma poi forse la vita stessa avrebbe perso di gusto e si sarebbe ritrovato lo stesso schiavo di sé stesso. E poi… se dovesse leggere di qualche fatto brutto? Camperebbe con l’ansia… da anni aveva coniato il suo personale ossimoro, divertito si diceva spesso: «Darei la vita per non morire» e ora era davanti ad una grande possibilità, non quella dell’eternità, ma quella di scoprire come e quando sarebbe morto e conoscendo i fatti avrebbe potuto evitarlo, ma anche così facendo avrebbe spostato solo il come ed il quando(magari rischiando pure di anticiparlo) e a lui non bastava.

Si prese tempo, tornò indietro di un centinaio di pagine, volle rileggere delle risate con gli amici, delle uscite impacciate con le ragazze, delle occasioni mancate, dell’incontro con sua moglie e del suo primo Ti amo. Tutto gli faceva tenerezza di sé, si ritrovava a piangere e ridere nello stesso tempo, tornò ancora più indietro, la scuola, le noiosissime seghe le bellissime seghe, e ancora medie, elementari, asilo, così fino a quando era bambino, cercando di elaborare alcune particolari situazioni che, sapeva bene, la sua psicologa poi gliene sarebbe stata grata.

Ma la 3a notte si ritrovò di nuovo in compagnia del Dilemma… andare avanti o no? Si accese la centesima sigaretta, la cenere gli diede un consiglio cadendo in mezzo a quelle due pagine, lui la rimase a fissare, poi la soffiò via… fece un profondo sospiro, disse il suo rien va plus e battè l’1, 2, 3 aggiudicato.

Libro a terra e accendino alla mano, cominciò dall’angolo in basse a destra, la fiamma prese subito, lui pensò che il libro cominciò a bruciarsi velocemente perché condivideva la scelta.

Così dopo 4 giorni e 3 notti, alle 6:50, si alzò dalla panchina lasciando bruciare la sua vita, ma non il suo futuro.

Del libro rimase superstite solo una piccola foglia di carta bruciacchiata; il passato ce lo portiamo dentro ed il futuro non  sa manco lui come sarà, in quel pezzettino c’era l’unica sicurezza in due parole: «Io morii».

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